
C’è una calma che non somiglia a nessun’altra, quella che nasce dal calore di una pelle che riconosce la tua.
Una carezza non è solo un gesto: è un’eco del respiro dell’universo, una memoria di stelle, la promessa che, per un istante il mondo può smettere di pensare.
Nel tocco c’è la lingua segreta dei corpi, fatta di impulsi che la mente non sa tradurre ma che il cuore comprende, selvaggiamente.
Quando le dita scorrono lungo la schiena, non accarezzano solo la carne: cercano radici, ricordano tempi in cui bastava un abbraccio per sentirsi al sicuro da tutto ciò che era fuori. È un ritorno, non a una persona, ma a uno stato dell’anima: quello in cui non esiste paura, solo respiro condiviso.
Eppure c’è qualcosa di indomabile in quel conforto.
Perché ogni carezza è anche fame, richiamo di vita, desiderio di appartenere e di perdersi allo stesso tempo. È la pace che graffia, la quiete che pulsa sotto la pelle, come se il mondo intero fosse racchiuso in quel breve contatto.
Forse è questa la rivelazione inattesa: sapere che un solo tocco può far tacere il frastuono del tempo e riportarti, anche solo per un attimo, alla tua forma più vera.
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